martedì 12 gennaio 2016

Rinnovamento rinascimentale della Chiesa



Lutero affigge le 95 tesi sulle porte della chiesa del castello di Wittemberg

Pietro Colonna detto il Galatino (1460 ca. –1540 ca.) nei suoi scritti si mostra abbastanza consapevole dei guai della Chiesa, ossia dei mali ad essa provocati dagli stessi ecclesiastici, ma non traccia un concreto piano di riforma per la stessa sacra istituzione: soltanto propone una serie d’iniziative, attuando le quali l’Angelico Pastore, ossia l’atteso pontefice delle profezie,avrebbe ricondotto la Chiesa alla povertà e al servizio di Dio.

Egli nelle due sue opere “De septem Ecclesiae tum temporibus tum statibus”(1523) e  “De Sacra Scriptura recte interpretanda” (1526) fa menzione del monaco riformatore Martino Lutero (1483 – 1546):
· nella prima, riferendosi ai bizantini scismatici, che a capo delle chiese nazionali preferivano al Sommo Pontefice i Principi secolari (V. scisma d’Oriente del 1054),afferma: “ut hodie Martinus Lutherus haereticorum pessimus impiissime facit”(come fa ora oltremodo empiamente il pessimo Martino Lutero);
· nella seconda, rivolgendosi al re d’Inghilterra Enrico VIII, al quale l’opera era stata dedicata perché consideratodefensor fidei da papa Leone X, in quanto aveva scritto un libro contro Lutero, afferma: “impiissimam Martini Lutheri haeresim ita adamussim praeclare illo tuo opere confutasti, ut nec Thomas ille Aquinas, nec Scotus ipse rectius refellere potuissent” (l’eresia oltremodo empia di Martino Lutero tu hai confutato nella tua opera molto bene, così come né Tommaso d’Aquino né lo stesso Scoto avrebbero potuto riferire).

A questo punto sorge spontanea la domanda: perché il minorita fra Pietro Galatino riteneva l’agostiniano Lutero pessimo soggetto e la sua dottrina oltremodo empia?

Per rispondere può essere utile la presentazione del personaggio e della sua riforma.

Martino Lutero, nato nel 1483 a Eisleben (città tedesca del land Sassonia-Anhalt) era figlio di un minatore che si era arricchito e, dopo i primi studi effettuati anche a  Magdeburgo, entrò a 17 anni all’Università di Erfurt e nel 1505 vi conseguì il diploma di magister artium. Iniziò poi gli studi giuridici, ma li interruppe subito per entrare nel monastero degli agostiniani osservanti di Erfurt, dove fu ordinato sacerdote nel 1507. Dedicatosi poi agli studi di teologia nell’Università di Wittenberg, fondata dal principe elettore di Sassonia Federico III detto il Savio, vi conseguì la laurea nel 1511. Intanto nel novembre del 1510, essendo stato inviato a Roma in rappresentanza di sette monasteri agostiniani, aveva potuto osservare da vicino la vita religiosa della capitale della cristianità, rimanendo profondamente colpito dai costumi mondani del clero romano, del quale trovò particolarmente allarmante la disinvolta pratica della simonia. Allora sedeva sul soglio pontificio Leone X che, essendo impegnato nel grandioso progetto di rifacimento della basilica di San Pietro in Roma e avendo, perciò, contratto un enorme debito con banchieri tedeschi, non aveva esitato ad autorizzare un’intensa campagna di vendita delle indulgenze anche per i defunti, bandita in tutte le diocesi.

Tornato a Erfurt, fu professore di filosofia morale a Wittenberg, dove completò gli studi di teologia acquisendo il dottorato nel 1512 e ottenendo in seguito la cattedra di teologia biblica che tenne fino alla morte.

Predicatore e professore instancabile, i suoi studi sul Nuovo Testamento lo indussero ad affermare che i cristiani non ottengono la salvezza per meriti propri, ma per grazia divina da essi accettata per fede.

Egli, relativamente alle difficoltà incontrate per intendere rettamente il versetto di Paolo “Il giusto vivrà mediante la fede” (Rm 1, 16-17), soleva dire: «Io mi dibattevo  per comprendere il concetto di giustizia secondo l’interpretazione razionale, filosofica insegnatami in seminario come giustizia da rendere a Dio tramite le mie opere. Ma queste non erano mai sufficienti. E protestavo con Dio dicendo: “La vita è già così difficile e Tu, Dio, me la rendi ancora senza speranza?” Io odiavo questo versetto paolino. Ma Dio ebbe pietà di me e mi rivelò il nesso tra la giustizia di Dio e la fede.»

[Paolo nella Lettera a Tito 3, 4-5 esprime più esplicitamente lo stesso concetto, di cui in Rm 1, 16-17, scrivendo “Quando però si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo, effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, perché giustificati dalla sua grazia diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna.”– (V. Liturgia della Parola della Messa dell’aurora - Natale del Signore 2015)].

Questa scoperta fu decisiva nella vita di Lutero, tanto da fargli rigettare alcuni dogmi fondamentali della Chiesa cattolica.

Innanzitutto egli intraprese una energica azione contro la sopraccitata vendita di indulgenze mediantela “Disputatio pro declaratione virtutis indulgentiarum” (Discussione sulla dichiarazione del potere delle indulgenze), nota anche come Le 95 tesi proposte alla pubblica discussione e, quindi, inviate il 31 ottobre 1517 ai vescovi interessati, i quali non risposero. Perciò Lutero affisse il lungo elenco delle tesi tradotto in tedesco alla porta della chiesa del castello di Wittemberg, in vista di pubbliche assemblee, nelle quali egli le avrebbe dimostrate, come allora solitamente avveniva nei centri universitari.

Tutto questo provocò l’intervento della Curia romana che, dopo aver convocato il monaco agostiniano dinanzi al cardinale legato Tommaso De Vio e dopo un confronto a Lipsia nel 1519 con il teologo JohannesEck, ne condannò l’insegnamento il 15 giugno 1520 con la bolla papale Exsurge Domine,  imponendogli, sotto pena di scomunica, la ritrattazione delle tesi. Lutero rifiutò, sostenendo che le proprie convinzioni derivavano dalla Sacra Scrittura e che nessuno era tenuto ad agire contro la propria coscienza. Il 10 dicembre1520 egli bruciò la bolla papale e perciò il 3 gennaio 1521 fu scomunicato da Leone X con la bolla Decet Romanum Pontificem.

Lutero venne invitato comunque alla dieta imperiale di Worms, ma il 18 aprile 1521 davanti a Carlo V rifiutò ancora una volta di ritrattare a meno di essere convinto “mediante la Scrittura e la chiara ragione”.

 La frattura della Chiesa era ormai definitivamente consumata: il 26 aprile l’editto di Worms mise il monaco agostiniano al bando dall’Impero, e mentre rientrava a Wittenberg il principe Federico III il Savio fece simulare un suo rapimento, mettendolo in salvo nella fortezza di Wartburg, dov’egli tradusse in tedesco dal greco il Nuovo Testamento (1522), e nel De votis monasticis prese posizione contro il monachesimo, enunciando la tipica concezione luterana della vocazione cristiana da realizzarsi nella vita familiare, lavorativa, civile ed ecclesiale.

La Riforma Luterana fu avversata duramente da Carlo V e da alcuni principi tedeschi, ma altri principi e alcune città l’accolsero, e i sentimenti antiromani conquistarono comunque vasti strati di popolazioni.

Nonostante la stessa andasse assumendo anche carattere politico, Lutero era e restava un religioso: la sua opera sarebbe stata rivolta d’allora in poi all’edificazione della Chiesa Evangelica  (Lutero non volle mai che si parlasse di Chiesa luterana) e dalla precisazione della sua dottrina sulla base dell’articolo fondamentale, la giustificazione per fede e dei suoi segni efficaci, l’Annuncio della Parola, il Battesimo e la Cena del Signore.

Lutero, dopo 16 mesi trascorsi a Wartburg, tornò a Wittenberg e riprese l’insegnamento per difendere la propria dottrina dalle interpretazioni più radicali ed estremistiche della riforma religiosa. Nel frattempo i conventi si svuotavano, i preti si sposavano e i riformatori sotto la guida del docente universitario Andrea Carlostadio avevano  provocato tumulti iconoclastici.

Egli cercò di placare gli animi, allontanando Carlostadio e affrontando la grave deviazione rappresentata da Th. Münster, il quale, subordinando il valore della Scrittura all’ispirazione diretta dello Spirito Santo e fondando una Chiesa di eletti chiamati ad instaurare il regno di Dio sulla terra e a sterminare gli empi, si era messo  a capo di un moto di contadini dedito all’incendio e al saccheggio. E Lutero, inizialmente favorevole alle rivendicazioni dei contadini, si irrigidì però di fronte alle violenze ed alla pretesa di giustificarle col Vangelo. D’altronde già nel 1523 egli in un suo scritto aveva ribadito che le ribellione all’autorità politica si giustifica solo quando essa minacci la coscienza cristiana. Pertanto, dopo vari appelli alla pace chiese ed ottenne l’appoggio dei Principi che soffocarono nel sangue la rivolta e giustiziarono Münster (1526).

Scomunicato e bandito, Lutero non poté difendere di persona la sua dottrina alla Dieta di Augusta, perciò affidò a Filippo Melantone, umanista e grecista divenuto il suo più devoto amico e stretto collaboratore, il testo di difesa che aveva preparato, noto  come la Confessione di Augusta(1530), la quale costituisce ancora oggi la base del luteranesimo insieme agli “Articoli di Smalcalda” da lui stesso redatti.

La “Confessione di Augusta” ha inizio con la frase “Publice protestamur…” che, sebbene significhi “Dichiariamo pubblicamente….” ha invece originato il termine protestanti,usualmente utilizzato in maniera impropria per indicare i “cristiani evangelici”.

Altre fondamentali opere di Lutero sono: “Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca”(1520), “Sulla cattività Babilonese della Chiesa”(1520), “Sulla libertà del cristiano”(1520), “De servo arbitrio”(1525) e il notissimo “Piccolo Catechismo”(1529)

Egli nel 1534 completò la traduzione in tedesco dall’ebraico dell’Antico Testamento. Nel frattempo la sua fama si era diffusa in tutta Europa e il suo invito ai Principi perché si rendessero indipendenti dall’autorità ecclesiastica trovò ampi consensi. Proprio nel 1534 si allontanò dall’ortodossia Enrico VIII, re d’Inghilterra, al quale  Pietro Galatino nel 1526 aveva dedicato una sua opera, come già detto all’inizio di questo scritto.

Nel 1537 Lutero, oppresso da problemi di salute, si dedicò  prevalentemente a scritti polemici. Preoccupato dalla Controriforma cattolica avviata da papa Paolo III [Concilio di Trento (1515 – 1563)] e per quello che interpretò come un tentativo degli ebrei di approfittare della disputa religiosa dei cristiani per riaprire la questione del messianismo di Cristo,ingaggiò una polemica violenta contro di essi, contro il papato e contro i riformatori più radicali. 

All’inizio del 1546 fu chiamato a Mansfeld per risolvere il contrasto fra due Principi locali; riuscì nell’impresa  ma, in seguito al peggioramento del suo stato di salute, si spense il 18 febbraio 1546 a Eisleben, la sua città natale, che presto divenne Eisleben Lutherstadt.

In questo rinnovamento della Chiesa effettuato da Lutero risultano evidenti i numerosi motivi per i quali il nostro Pietro Galatino, immerso com’era nella ortodossia cattolica, non poteva assolutamente usare neppure una minima tolleranza nei riguardi di colui che, in netta opposizione al pontefice romano Leone X, aveva nel giro di pochi anni (approssimativamente dal1517 al 1530) edificato la Chiesa Evangelica,alla quale aveva aderito perfino il re d’Inghilterra, Enrico VIII, già definito dal papa defensor fidei.


Pietro Congedo