domenica 21 settembre 2014

I galatinesi allo scoppio della Grande Guerra


La guerra dovrebbe essere intrapresa con forze adeguate alla grandezza degli ostacoli che si possono prevedere.
Questa ‘massima militare’ di Napoleone Bonaparte, peraltro conforme al comune buonsenso, fu assolutamente disattesa da chi nel 1915 aveva il potere di decidere l’entrata in guerra dell’Italia. Il 20 maggio 1915, nelle ore antimeridiane, la  Camera dei Deputati, sebbene fosse in maggioranza contraria all’intervento, sotto la pressione del Re e della parte più agitata dell’opinione pubblica finì col riconoscere, mediante voto a scrutinio segreto, poteri straordinari al Governo super interventista di Antonio Salandra, con 407 voti favorevoli e solo 74 contrari: quelli dei socialisti.
Nel pomeriggio dello stesso giorno la Camera Alta, il Senato del Regno, addirittura votò all’ unanimità a favore del Ministero.
La mobilitazione ebbe poi inizio il 22 maggio e sarebbe dovuta durare ventitré giorni, ma in effetti l’esercito fu completamente schierato a metà luglio. Pertanto il 24 maggio 1915, quando con la dichiarazione di guerra all’Austria, ebbero inizio le ostilità, il Capo di Stato Maggiore, generale Luigi Cadorna, aveva a disposizione solo 400mila uomini, schierati  su un fronte di oltre 600 chilometri, nelle pianure del Veneto e del Friuli. Perciò i lunghi preparativi per ammassare truppe sufficienti tolsero il vantaggio della sorpresa all’esercito italiano. Inoltre questo nella marcia verso est si aspettava imboscate, sabotaggi e soprattutto scontri con forze nemiche preponderanti, in quanto  agenti austriaci avevano abilmente diffuso informazioni fuorvianti.
Invece, mentre il 24 maggio le truppe asburgiche  sul fronte italiano  ammontavano a 50-70mila uomini, solo dopo tre settimane avevano raggiunto una consistenza di 200mila unità, poiché rincalzi affluivano continuamente dal fronte orientale, dove ormai Russia e Serbia erano in crisi.
Il sopraccitato voto favorevole delle due Camere, con il quale erano stati concessi poteri straordinari al Governo Salandra, fu accolto con grande gioia dalle folle che lo attendevano  nei pressi delle sedi parlamentari. Subito dopo le case della Capitale s’imbandierarono come per incanto, mentre la gente confluiva commossa e giubilante in piazza del Quirinale, acclamando il Re ed esprimendo calorosamente il proprio favore alla guerra.
La notizia di tutto questo, comunicata nella stessa giornata del 20 maggio a tutte le Autorità provinciali e comunali della Nazione, riaccese ovunque un fervore di guerra. Anche a Galatina la notizia fu appresa con vivo senso di giubilo e immediatamente venne organizzata una grande dimostrazione.
La mattina del 24 maggio i galatinesi trovarono i manifesti con il proclama del Re, affissi nella notte dall’Arma dei Carabinieri: Vittorio Emanuele III informava la Nazione della dichiarazione di guerra e chiamava alle armi il popolo d’Italia.
Le notizie del 1° giorno di guerra vennero poi tempestivamente comunicate con telegramma circolare a tutta Italia, creando ovunque entusiasmo e soddisfazione.  Per questo Galatina nella sera di quel 24 maggio 1915  con un’imponente dimostrazione partecipò alla festa che tutta la Nazione faceva  al proprio Esercito.

Intanto procedevano alacremente le operazioni relative alla mobilitazione generale, nel quadro delle quali, a norma della ‘tabella’ annessa ad un apposito manifesto, i ‘richiamati’ del Mandamento di Galatina  dovevano presentarsi al Distretto Militare di Lecce il 25 maggio 1915.
Pertanto quella mattina, molto prima della partenza del treno per il capoluogo, la stazione ferroviaria galatinese era stata già invasa da una folla enorme di ‘richiamati’ e di loro parenti ed amici, che tendeva costantemente ad ingrossarsi: i genitori e le spose dei partenti erano in prima fila sia all’interno della stazione che sul piazzale ad antistante, mentre lungo i viali adiacenti e accanto ai muri della cinta ferroviaria c’erano numerosissimi curiosi.
In un certo momento, proveniente dall’interno dell’abitato, giunse il sindaco Vito Vallone il quale, tutto compreso del grandioso avvenimento nazionale e nello stesso tempo pervaso di affetto per i propri amministrati, si recava anche lui alla stazione per salutare i partenti e porgere loro gli auguri di tutta la Città.
La folla accolse con  acclamazioni di entusiasmo il Sindaco, il quale rivolse a coloro che partivano il seguente discorso, che  Ruggero Rizzelli ha riportato integralmente nelle pp. 148 e 149 della sua opera, Galatina per la IV Italia, Tipografia Gizzi - Galatina, 1921.

« Cittadini soldati,
l’ora che volge è delle più solenni della Patria nostra!
L’Italia compostasi a grande nazione, porta nel conflitto Europeo, le sue mature aspirazioni, le sue legittime rivendicazioni; porta il pensiero di Dante, di Cavour e di Mazzini, l’unità territoriale da secoli vivamente contrastata.
La nostra inazione danneggerebbe non solo il supremo interesse nazionale, ma agli occhi del mondo passeremmo privi di cuore, di vita e di sentimento, alla maniera stessa delle più misere nazioni del continente Europeo.
Questo è il momento più opportuno di far sciogliere i secolari voti all’Italia nostra; questo è il momento di saldare i conti con l’Austria; di liberarci dal secolare nemico, di aprire il cuore alla speranza per conseguire i maggiori ed i più grandi destini dell’Italia nostra!
Cittadini soldati,
l’Augusto nostro Sovrano ha chiamato la Nazione alle armi e voi, stamane, dovete apprestarvi per dare il credo della vostra presenza.
Sì, animati da vivo amor di Patria vi vedo già rispondere presente alla chiamata del Re, all’appello patriottico della nostra nuova Italia; ed io nel porgervi il saluto e l’augurio insieme ad un felice successo al cospetto della intera nostra cittadinanza, qui convenuta per salutarvi, assumo formale impegno di farvi giungere sui campi di battaglia il conforto che qui le vostre spose, i vostri figli e i vostri congiunti sono amorosamente assistiti e soccorsi.
Della vostra partenza la Rappresentanza Municipale farà oggetto di minuto esame per prevenire i  bisogni delle vostre famiglie. Esse in me e in tutte le Opere dipendenti dal Comune troveranno l’asilo sicuro per lenire le angustie; troveranno l’appoggio materiale e morale per tutti i loro bisogni; troveranno, infine, il fulcro sicuro, vigile ed operoso per la vita loro economica e domestica.
Questo complesso di azioni e di promesse non saranno lusinghe, né vane parole, ma esse sono invece il peso della responsabilità che io, oggi, formalmente assumo, sciogliendo l’augurio fervido della vittoria per le nostre armi italiane.   
Viva l’Italia! »


Il discorso del Sindaco fu coronato da deliranti applausi, mentre giungeva in stazione un lungo convoglio sovraccarico di ‘richiamati’, che fu preso d’assalto da quelli di Galatina fra calorosi battimano ed evviva sia della popolazione che dei sopraggiunti.
Queste espressioni di patriottismo divennero più intense  alla partenza del treno e continuarono  fino alla sua scomparsa lungo la ferrovia.
In effetti il “complesso di azioni e promesse”, di cui parlava il Sindaco a conclusione del suo discorso, già il precedente 19 maggio era stato oggetto di dibattito in un’Assemblea popolare, convocata e presieduta dallo stesso 1° cittadino, la quale con la partecipazione di cittadini di ogni  classe sociale procedette alla costituzione del Comitato di Assistenza e del Segretariato del Popolo.
Il primo doveva prestare assistenza alle famiglie dei richiamati, provvedere al regolare funzionamento di tutti i servizi pubblici, prevenire e provvedere ai bisogni delle industrie e dei commerci, risolvere i problemi delle campagne (riguardo alla mano d’opera, ai contratti di mezzadria e di affittanza, alla conduzione delle aziende agricole), provvedere al pagamento delle pigioni delle case e soccorrere finanziariamente le famiglie dei soldati.
Il Segretariato del Popolo, eletto dal suddetto Comitato nel suo seno, aveva specifiche mansioni di assistenza diretta ai richiamati nonché alle loro famiglie.
La predetta Assemblea si riunì anche il giorno dopo per formulare un dettagliato programma di attività assistenziali e per stabilire idonei criteri di finanziamento per le stesse. In ordine a questi ultimi si ricorse innanzitutto alla sottoscrizione permanente, con l’obbligo del versamento settimanale. Ci sarebbero state poi anche altre forme di sovvenzione, per esempio: lotteria, pesca di beneficenza, ecc..
Non uno dei partecipanti all’Assemblea si sottrasse alla spontanea sottoscrizione e il ricavato degli incassi settimanali fu essenziale allo svolgimento del vasto e complesso programma assistenziale.
L’Opera di Assistenza Civile, costituita in Galatina per iniziativa del sindaco Vito Vallone, era la prima che sorgesse nella Provincia di Terra d’Otranto e servì di esempio a molti altri Comuni, tanto che il R. Prefetto pro tempore volle venire di persona per ammirarne il funzionamento e congratularsi con l’Amministrazione Comunale e con la Cittadinanza.

Pietro Congedo