lunedì 20 maggio 2013

"La Puglia non è un binario morto. Ridateci i treni!"


Ricordando questa scritta, che campeggiava in un grande striscione esposto a Bari il 12 gennaio 2012 sulla facciata del palazzo della Presidenza della Regione Puglia, sono stato indotto ad occuparmi ancora una volta della “soppressione dei treni a lunga prercorrenza”, effettuata dalla S.p.A Trenitalia nel dicembre 2011. 

Di questo argomento ho già scritto sia su galatina.it  (24.03.2012) che su IL PICCOLO, quotidiano di Trieste (15.05.2012). In entrambi i casi ho evidenziato che i manager di Trenitalia nel dicembre 2011, mentre erano in corso le celebrazioni del 150° anniversario  dello Stato unitario, hanno mandato in vigore l’orario ferroviario invernale, col quale dividevano di fatto l’Italia in due ben distinte “sezioni territoriali”, proprio alla maniera della eversiva secessione dalla Nazione Italianadella fantomatica Padania, che la Lega Nord vagheggia e minaccia da decenni, fortunatamente senza riuscire ad ottenere risultati pratici.

Tra la “sezione territoriale–sud”(comprendente l’ex Regno delle Due Sicilie ed alcune Province dell’ex Stato Pontificio) e la “sezione territoriale–nord” (comprendente quasi tutte le Province centro-settentrionali), è stato quindi stabilito un vero e proprio confine, sia pure virtuale, che passa per Roma e Bologna. Infatti nell’una o nell’altra di queste due città debbono interrompere la loro corsa i  treni ICN (intercity notte), che in passato collegavano giornalmente  le località del Meridione a quelle del Settentrione della Penisola e viceversa, come veri simboli dell’Italia Unita.


Così, per esempio, i viaggiatori dell’ICN partito da Lecce alle 22.10, se intendevano andare a Trieste, dovevano trasbordare una prima volta a Bologna su un treno regionale per raggiungere Mestre-Venezia, e qui una seconda volta per poter arrivare a Trieste. Addirittura il trasbordo a Bologna era imposto anche ai viaggiatori delle due Frecce Azzurre diurne Lecce-Venezia.   Invece un trattamento migliore, ma solo in apparenza (in quanto comportava un notevole aggravio del costo del viaggio), era riservato ai viaggiatori dell’ICN partito da Lecce alle 23.20, i quali se erano diretti a Torino, giunti a Bologna potevano trasbordare sul treno denominato “freccia rossa” e in poco più di due ore essere a Torino.


Da tutto questo si desume che vero obiettivo dell’infausta “rivoluzione-secessione” prodotta  da Trenitalia a partire dal dicembre 2011 era soltanto quello di promuovere i “viaggi in freccia rossa”, che non tutti si possono concedere, specie in tempi di crisi economica.


Il titolo del presente articolo, tratto dallo striscione fatto esporre dal presidente Nichi Vendola, esprime bene il grave disappunto suscitato nel popolo dei vaggiatori dall’operazione di Trenitalia, che il vice-presidente dell’ANCI e sindaco di Bari, Michele Emiliano, definiva “insensata ed anticostituzionale” e, augurandosi il ripristino di almeno parte dei n.30 collegamenti soppressi, precisava: “I treni a lunga percorrenza del sud avevano il pregio di assicurare, durante la notte, collegamenti a costi contenuti, consentendo a chi doveva spostarsi per lavoro di poterlo fare anche con budget limitati, potendo risparmiare due notti in albergo”.


Lo stesso Emiliano con i sindaci di Lecce e Foggia e di altri comuni di Basilicata e Campania nel dicembre 2011, dopo lunga insistenza, riuscivano a farsi ricevere dall’amministratore delegato di Trenitalia, ing. Vincenzo Soprano, il quale aprì uno spiraglio alla revisione dell’orario ferroviario in questione. Ma nel corso dell’incontro gli stessi sindaci presero coscienza dei due deleteri retroscena seguenti:
  · Il Governo (allora presieduto da Berlusconi), pur essendo stato preventivamente informato del taglio dei treni, nulla aveva fatto per evitarlo;
  · Trenitalia aveva 6,5 miliardi di debiti (in parte verosimilmente contratti per la realizzazione dell’alta velocità), che il Governo non poteva sanare neppure in parte, poiché erano e sono vietati gli aiuti di Stato alle aziende privatizzate.


Una situazione già così precaria (destinata a peggiorare a causa della voluta rinuncia a sicuri introiti dai treni ICN e del più che probabile insuccesso economico dell’alta velocità), unita alla consapevolezza, che le stesse “frecce rosse” devono fare i conti con la concorrenza  dei treni ad alta velocità “italo” e che i voli aerei low cost sono economicamente più convenienti di ogni tipo di viaggio in treno, avrebbe dovuto dissuadere in partenza i manager di Trenitalia. dall’effettuare la sopraccitata “rivoluzione-secessione”, la quale a lungo andare potrà provocare alla stessa S.p.A. una fine come quella toccata qualche anno fa ad  Alitalia.  


Sempre alla fine del 2011 ebbe luogo un’audizione del nuovo Ministro delle Infrastrutture, Corrado Passera, in Commissione Trasporti della Camera dei Deputati, nel corso della quale i Parlamentari delle Regioni Meridionali posero sul tavolo la questione del trasporto pubblico, ivi compresa l’angosciosa situazione delle quasi 1000 persone rimaste senza lavoro a causa della soppressione dei treni notturni.


Comunque, nonostante i sopraccitati interventi, la revisione dell’orario ferroviario promessa dall’ing. Vincenzo Soprano non si ebbe neppure nel giugno 2012, in occasione della  pubblicazione dell’orario  estivo. Pertanto il presidente Nichi Vendola in un appello rivolto al Ministro della Coesione Territoriale, Fabrizio Barca, unico uomo di Governo ad aver mostrato sensibilità verso la Puglia, affermava fra l’altro: «Le forbici del profitto di Trenitalia e della incuria istituzionale dei tecnici (al Governo – n.d.r.) stanno frammentando ancor di più l’Italia, costruendo di fatto un paese a due velocità. Il diritto alla mobilità di ciascun cittadino è un diritto inviolabile. E invece, nonostante i miei ripetuti appelli del 2011 e del 2012, ad ogni cambio di orario ferroviario, invernale o estivo che sia, ci ritroviamo con qualche brutta sorpresa e con qualche sottrazione di tratta. …» (v. La Gazzetta del Mezzogiorno del 15 nov. 2012, pag. 15).


Verosimilmente proprio l’intervento del ministro Barca fece finalmente cessare l’assordante silenzio di Trenitalia che, pubblicando l’orario ferroviario invernale nel dicembre 2012, produsse l’attesa revisione migliorativa. Questa però si rivelò subito inferiore a tutte le aspettative, poiché si riduceva a modesti ritocchi, che praticamente lasciavano inalterata la sopralamentata divisione dell’Italia in due “sezioni territoriali”. Infatti tutti i treni I.C.N. provenienti dal Sud  hanno continuato ad aver il capolinea a Roma o a Bologna, dove i viaggiatori diretti a Nord-Est trasbordano solamente su treni regionali, mentre quelli diretti a Nord-Ovest possono anche prendere “le frecce rosse”. Da Lecce l’unica novità di rilievo consiste nella possibilità di prendere una “freccia bianca” al mattino o al pomeriggio per andare direttamente fino a Venezia, mentre in precedenza chi arrivava a Bologna con la “freccia bianca” doveva trasbordare su una “freccia azzurra” per andare a Venezia.


In presenza del persistente rifiuto di Trenitalia a ripristinare anche solo alcuni dei tanti treni a lunga percorrenza soppressi ci si aspetterebbe, sia sulla stampa che in rete, una corale protesta dei cittadini italiani ed in particolare di quelli del Meridione, validamente sostenuta da uomini politici di ogni livello e da tutte le organizzazioni sociali. Invece dal dicembre 2011 a tuttoggi sono state registrate solo proteste isolate, povere candele accese nel buio pesto dell’indifferenza o, peggio, della rassegnazione.


Quindi se la soppressione di tutti i treni a lunga percorrenza, avvenuta ad opera di Trenitalia, contribuirà ad allontanare l’Italia dall’Europa, di ciò siamo un po’ responsabili tutti noi italiani.

Pietro Congedo