lunedì 24 dicembre 2012

1939: ... e finì sotto inchiesta perché preoccupato dell’avvenire dell’Ospedale di Galatina




Il dott. Carmine D’Amico, in qualità di direttore sanitario provvisorio dell’Ospedale di Galatina, il 5 agosto 1936, inviò a “S.E. il Capo del Governo” (Benito Mussolini) un’istanza tendente ad ottenere un sussidio per l’Ospedale stesso, osando altresì  scrivere di avervi “trovato la massima ironia nell’igiene dei locali e delle corsie: ambienti preadamitici, letti senza materassi col semplice pagliericcio, comodini in legno, non stufa di disinfezione degli indumenti personali, non vasca da bagno, non muri a vernice, non pavimenti impermeabili, non lavanderia né sala mortuaria, non locali per infettivi e settici…”. E concludeva perentorio:”bisogna mettere a nuovo i locali, risanare questo vecchiume antigienico, ingombrante e dannoso”.
Egli, prima di richiedere l’eventuale (molto improbabile) contributo governativo, si era già, invano, rivolto con lettera del 6 maggio 1936 all’Ente Comunale di Assistenza (E.C.A.) di Galatina, dal quale dipendeva l’Ospedale, chiedendo interventi utili al superamento, anche parziale, di tanta precarietà. Successivamente, con nota del 2 agosto 1937, rinnoverà inutilmente le sue richieste allo stesso E.C.A.. Tornerà sull’argomento il  28 ottobre 1937 concludendo così la nuova lettera: “…in questo stato di cose il direttore non può e non deve addossarsi le responsabilità materiali e morali volute dal posto: ne va di mezzo la dignità e la propria coscienza”.  
Purtroppo la grave situazione del nosocomio galatinese sarebbe divenuta senz’altro insostenibile in presenza di nuove e più severe norme sanitarie. Perciò il 15 gennaio 1938, quando sembrava imminente l’emanazione di un’organica legge sull’ordinamento degli Istituti di cura, il d’Amico presentò al Presidente dell’E.C.A. di Galatina (che dal settembre 1937 era il Podestà del Comune, Angelo Ancora ) la seguente serie di richieste:
- divisione degli ammalati in quattro reparti (chirurgia uomini, chirurgia donne, medicina uomini e medicina donne);
- istituzione del reparto di maternità con propria sala operatoria;
- messa a nuovo delle corsie e dei corridoi e abolizione degli antiquati pagliericci;
- costruzione di impianti igienici con acqua corrente e di una moderna lavanderia;
- allestimento di una sala mortuaria e di un locale di disinfezione con stufa adatta agli effetti di uso personale;
- istituzione di un locale d’isolamento per malati contagiosi.                               A proposito dell’ultima di queste richieste il direttore dell’Ospedale solleciterà,
 con una lunga lettera del 20 settembre 1938, gli Amministratori ad approfittare “della provvidenziale opera del Ministro dell’Interno”, tendente ad ottenere dall’Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale la concessione di mutui di favore ai Comuni e alle Provincie che volessero istituire nei propri ospedali locali per infettivi .  
L’accoglimento dei suddetti suggerimenti avrebbe potuto evitare che l’Ospedale di Galatina, il più antico della Provincia di Lecce, perché fondato nel 1384, diventasse semplice “infermeria”. Ma il declassamento divenne inevitabile dopo la pubblicazione (25 ottobre 1938) sulla Gazzetta Ufficiale del R.D. 30 settembre 1938,  n°1631, relativo alle norme generali per l’ordinamento dei servizi sanitari e del personale sanitario degli Ospedali: questo sanciva innanzitutto la distinzione tra ospedali ed infermerie, precisando che, mentre i primi dovevano provvedere “alle cure medico-chirurgiche, ostetrico-ginecologiche, pediatriche e specialistiche”(v. art.2, 1°comma), le seconde dovevano accogliere malati non bisognosi di “cure specializzate e di interventi chirurgici di particolare importanza”(v. art. 7, 1°comma ).
Inoltre la nuova legge prevedeva per gli ospedali tre categorie a seconda del numero medio delle degenze giornaliere:  la prima comprendeva gli istituti di cura con oltre 600 degenze, la seconda con degenze giornaliere da 200 a 600, la terza categoria da 30 a 200, purché il nosocomio fosse fornito di “idoneo reparto operatorio e separate sale di degenza per infermi di medicina e chirurgia, nonché di partorienti e di bambini”.

A circa tre mesi dalla pubblicazione del R.D. 1631/1938 il direttore D’Amico, constatando che nulla veniva fatto e neppure programmato per ovviare alle gravi carenze dell’Ospedale, fece un ulteriore tentativo per richiamare l’attenzione
dell’E.C.A., che dal settembre 1937 era presieduto dal Podestà Angelo Ancora, “sul pericolo-se non certezza-che correva l’Ospedale di diventare infermeria”.
 Questa volta, però, scrisse una lettera-aperta, datata 17 gennaio 1939, che sotto   forma  di opuscolo a stampa fu diffusa in Città.
In apertura egli affermava testualmente: ”Il mio non è grido d’allarme ma è voce sincera di chi segue il corso rapido, progressivo ed efficace dei nuovi tempi nei quali gli ospedali devono diventare centri propulsori di vita scientifica e pratica pel rafforzamento della razza. Non è il caso di pensare più al famoso spirito di carità che animava le azioni dei nostri nonni, oggi la vita ospedaliera deve risanare nel più breve tempo possibile, e degnamente, la vita umana: ciò perché il cittadino deve dare il massimo rendimento lavorativo ed essere pronto, in ogni momento, alla difesa della razza e della Patria”.
Sosteneva poi che “…l’Ospedale si doveva avvantaggiare e non essere danneggiato dalla nuova legge”, e continuava richiamando tutto quello che in passato aveva scritto sulle carenze del nosocomio galatinese e sulle numerose proposte  da lui già fatte per il risanamento e l’ammodernamento dello stesso.
Successivamente, dopo aver proposto un dettagliato “ordinamento” per un ipotetico ospedale di almeno 60 letti, suggeriva che le riparazioni, le nuove costruzioni, gli acquisti di mobili e apparecchiature, ecc. fossero finanziati con:
- l’accensione, a tasso di favore, di un mutuo di lire 200.000;   
- il consorzio con 10 piccoli Comuni vicini per la somministrazione gratuita di cure ad ammalati poveri;
- la disponibilità ad intitolare l’Ospedale al defunto On. Antonio Vallone, al fine di ottenere che la somma di lire 130.000, raccolta dal “Comitato pro A. Vallone” per l’erezione di un monumento, fosse devoluta allo stesso Ospedale sotto forma   di  rendita annua di lire 6500;
- la convezione con l’Istituto di Previdenza Sociale per i possibili utili derivanti dal funzionamento dell’ambulatorio antitracomatoso;
- la convenzione con l’O.N.M.I. per il funzionamento delle  opere di maternità il dott. D’Amico riportava il seguente schema di bilancio preventivo per l’Istituto di cura galatinese:
Attivo
1.     N 10 Comuni consorziati a £15.000………………………..…..£ 150.000
2.     Rendite attive ospedale……………………………….…………..,,  30.452
3.     Rendite opera Vallone………………………………….………...,,    6.500
4.     Proventi diversi………………………………...………………….,,    2.048
                                                             -----------------------------
                                                                                   Totale        £  189.000
Passivo
1.     N. 7.300 degenze per 20 malati dei 10 Comuni a £ 5…… …  £ 36.500
2.     ,, 3.650 degenze per 10 malati Ospedale a £ 5… … …… …   ,, 18.250
3.     Personale sanitario … … … …… … … …… … … …… … …,, 36.300
4.     Personale infermiere e suore…………………………………… ,,20.000 
5.     Spese di gestione, indennità, ammortamento prestiti………...,,57.950
6. Medicinali, medicature ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ,, 20.000                
                                                                    ­­­­­-----------------------------
                                                                                   Totale   £ 189.000


Il Direttore sanitario concludeva così la sua lettera-aperta:

“Questo schema di progetto che ho l’onore di presentare al vostro diligente esame,riproduce un modo con cui potrebbe risolversi la questione ospedaliera del nostro paese. Con l’interessamento delle Autorità, Galatina  sono sicuro non
perderebbe il suo Ospedale, così come non lo perde  Maglie. Del resto se tutto dovesse venir meno a me resterà il conforto d’aver fatto il  mio dovere: avendo presentato a tempo opportuno richieste attuabili e di aver formulato voti necessari ed utili da prendere in esame”.    

Non mancò l’attenzione delle Autorità alla suddetta lettera-aperta, ma con finalità e risultati ben diversi da quelli attesi dal Direttore D’Amico.

Infatti nelle ore serali del 2 febbraio 1939 il comandante dei Vigili Urbani Pantaleo Albanese e il vigile Faustino Caggia si recarono presso la tipografia di Carlo Serafini, nella quale era stato stampato l’opuscolo. Di questo trovarono una sola copia, che sequestrarono insieme alla relativa minuta manoscritta. Inoltre accertarono che ne erano stati stampati 50 esemplari, che erano stati diffusi senza l’autorizzazione dell’Autorità di P.S. e che di essi non era stato inviato il numero prescritto  alla Procura del Re. Pertanto il giorno successivo (3 febbraio) redassero il processo verbale n°33 di contravvenzione elevata ai sensi dell’art. 113 del T.U. delle leggi di P.S. (diffusione in luogo pubblico di stampa non autorizzata dall’Autorità di P.S. - N.d.A.) e della legge 22 maggio 1932 n°654 (omesso deposito obbligatorio di stampati e pubblicazioni presso la Procura del Re- N.d.A. )
I suddetti Vigili nel loro verbale affermavano di essere intervenuti, “avendo appreso dalla voce pubblica che fra alcuni cittadini era stato distribuito un opuscolo a stampa,…e avendo altresì appreso, che il contenuto dello stesso aveva suscitato diversi commenti..”. Questa affermazione non può non suscitare  qualche perplessità, poiché il sopralluogo nella tipografia era avvenuto sedici giorni dopo la pubblicazione della lettera-aperta , cioè quando la stessa era stata già da tempo notificata ai destinatari, cioè al “Sig. Podestà-Presidente e Signori Componenti dell’Amministrazione E.C.A. – GALATINA”.
D’altronde il Presidente Ancora, il 4 febbraio 1939, in una sua lettera riservata- personale indirizzata al Prefetto esordiva affermando: “Con riferimento a quanto verbalmente ebbi ad esporvi ieri, riguardante la lettera aperta del dott. D’Amico,…insieme alla presente Vi rimetto il memoriale richiestomi ed una copia della lettera del D’Amico…”.
Né nella lettera riservata, né nel suddetto memoriale è mai menzionato il sopraccitato verbale dei VV UU, il quale evidentemente era stato già esibito dal Podestà al Prefetto nel giorno stesso della compilazione (3 febbraio 1939), con  evidenti finalità punitive nei riguardi del dott. Carmine D’Amico.
In entrambi i suddetti documenti il Presidente cercava di minimizzare sia la responsabilità propria che quella dei suoi predecessori (Domenico Galluccio, Podestà dal 1927 al 1937, e Francesco Maggi, Commissario prefettizio dal 12 luglio 1937 al 4 settembre 1937 – N.d.A. ) in ordine al grave degrado dell’Ospedale. In particolare nella nota riservata sosteneva che le lettere inviate dal Direttore sanitario all’E.C.A. “…avevano tutte lo stesso ipotetico (sic!) contenuto come quella in discussione…”, cioè contenevano richieste di lavori, di oggetti e di materiali costosi, i quali  non potevano essere eseguiti o acquistati a causa del dissesto finanziario del nosocomio. Si dichiarava poi disposto a fare il possibile per evitare il declassamento dell’Ospedale e, senza neppure accennare ai provvedimenti che avrebbe adottato in proposito, affermava  di non consentire a nessuno di far credere al pubblico che lo stesso declassamento potesse avvenire per “…mancato interessamento da parte dell’Amministrazione dell’Ente”.   
Lo stesso Podestà-Presidente nel memoriale inviato al Prefetto aveva sottolineato l’inattendibilità dei due più importanti suggerimenti di carattere finanziario contenuti nella lettera aperta. Infatti sosteneva che:                             - fosse impossibile ottenere un mutuo, mentre ciò era vero per quanto riguardava i  prestiti della Cassa DD. e PP. , i quali erano vietati fino al 1942, invece l’Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale poteva, come già detto, entro certi limiti, concedere mutui a condizioni di favore agli Ospedali che intendessero istituire un reparto per i malati infettivi;
- irrealizzabile un Consorzio per la cura degli ammalati indigenti con i piccoli Comuni vicini, “i quali come è notorio non sono in grado di dare un tale contributo ( £ 15.000 annue – N.d.A.). Tutto ciò a prescindere dal fatto che detti  
Comuni potrebbero non aderire alla costituzione del Consorzio, oppure, dopo breve tempo ritirarsene.”

Non sono stati rinvenuti documenti che consentano sapere quali siano state le decisioni del Prefetto di Lecce in ordine ai fatti sopraesposti. E’ certo, però, che il 16 febbraio 1939, il Podestà Angelo Ancora, con lettera riservata n° 9 – raccomandata, trasmise “per competenza” al Questore di Lecce il verbale dei Vigili Urbani, datato 3 febbraio ’39, “unitamente al manoscritto e alla copia a stampa sequestrati.”

Purtroppo, dopo poco più di otto mesi , l’antico Ospedale di Galatina, in seguito ad un’ispezione del Medico Provinciale di Lecce, fu ritenuto privo dei requisiti previsti dal R.D. 1631/1938 per gli ospedali di terza categoria e, perciò, classificato “infermeria”, con decreto prefettizio n°17622 del 19 ottobre 1939.
Ai sensi del 1°comma dell’art. 93 della suddetta legge, il Prefetto avrebbe potuto prescrivere un termine entro il quale l’E.C.A. di Galatina avrebbe dovuto provvedere ad uniformare l’Istituto di cura alle nuove norme. Ciò era stato già fatto sia per l’ospedale di Maglie, che per quello di Nardò, i quali, però, sicuramente con sollecitudine ne avevano presentata richiesta immediatamente dopo l’entrata in vigore della stessa legge (15 ottobre 1938), pur non presentando carenze numerose e gravi come quelle riscontrate nell’Istituto di cura galatinese.     
Tuttavia contro il suddetto declassamento, che il Prefetto non poteva non adottare, l’imprevidente Presidente Ancora - che pochi mesi prima si era prodigato per far punire severamente il dott. Carmine D’Amico, il quale da anni, con onestà intellettuale e competenza professionale, esprimeva preoccupazione per “l’avvenire dell’Ospedale” -  osava appellarsi al Ministro dell’Interno, con istanza in carta legale del 1°novembre 1939, sostenendo con insolita sicumera che sulla base di “dati errati e notizie inesatte” il più antico Ospedale della Provincia, “…che aveva  in realtà possibilità finanziarie di ogni genere, era stato classificato infermeria, mentre…era vivo desiderio dell’intera popolazione di mantenere una delle più belle e filantropiche istituzioni a costo di qualunque sacrificio…”.
In detta istanza il Podestà, in maniera del tutto sconsiderata, ardiva poi anche protestare perché gli ospedali di Maglie e Nardò, “pur essendo stati sempre notoriamente inferiori all’Ospedale di Galatina sia per attrezzatura che per importanza generica e specifica e più specialmente per il numero delle degenze erano stati classificati… ” di terza categoria, perché le amministrazioni dei predetti avevano fatto  “…negli ultimi tempi notevoli lavori per migliorare le condizioni dei locali e delle relative attrezzature…”.
Infine dichiarava spavaldamente che:
- l’Amministrazione da lui presieduta se le fosse stato prescritto, un “…periodo di tempo entro il quale provvedere alle eventuali deficienze,…tutto sarebbe stato fatto nel più breve tempo possibile”;
- “oltre il concorso del Comune,… vi erano lire 120.000, quale fondo a disposizione già raccolto dal Comitato cittadino e vi erano benemeriti del luogo…disposti a contribuire largamente fino al necessario per mettere l’Istituto in condizioni di poter ottenere il riconoscimento di ospedale di terza categoria ”;
- era  “ già in corso la pratica per la costituzione di un consorzio coi Comuni di Soleto, Sternatia, Zollino, Sogliano C., Cutrofiano, Collepasso e Leverano per la cura ospedaliera degli ammalati poveri”.
Concludeva chiedendo al Ministro di invitare il Prefetto di Lecce a revocare il soprindicato decreto 17622/19.X .1939 e a prescrivere un congruo termine entro il quale dovevano essere eliminate le deficienze riscontrate nell’ospedale di Galatina.
Lo stesso Angelo Ancora, dopo l’istanza al Ministro dell’Interno, ne formulò, il successivo 6 novembre, altre due ben distinte fra loro: una diretta alla Direzione della Sanità Pubblica – presso il Ministero dell’Interno - e l’altra indirizzata al Prefetto della Provincia. In entrambe il Podestà con tono finalmente  moderato, dopo  aver ancora una volta affermato che il Comune e la Cittadinanza di Galatina erano disposti a sostenere tutti i sacrifici necessari affinché il loro ospedale fosse classificato di terza categoria, aggiungeva che:
- nonostante ci fosse stato un certo disordine nella tenuta dei registri, si era in grado di dimostrare che in passato la media giornaliera delle degenze non era stata mai inferiore a 26 unità;
- per sopperire deficienze riscontrate dal Medico Provinciale era già disponibile la somma di 136.000 lire, che poteva salire a 200.000 con i contributi promessi da altri benefattori.
Infine concludeva chiedendo sommessamente che l’Ospedale di Galatina fosse classificato di terza categoria, con l’eventuale prescrizione di un termine entro il quale dovevano essere espletati i lavori di ristrutturazione ed effettuati gli acquisti necessari alla sua “completa efficienza”.

Nell’Archivio dell’Ospedale Civile di Galatina non sono conservati eventuali riscontri del Ministero dell’Interno e del Prefetto di Lecce alle sopracitate istanze del Podestà-Presidente Angelo Ancora, ma è certo che il decreto prefettizio 19 ottobre 1939, n°17622  non fu revocato, perché l’Istituto di cura restò classificato “infermeria” per alcuni anni.

Intanto il Podestà-Presidente dell’E.C.A. di Maglie, sen. Vincenzo Tamborino, già nell’ottobre 1939 aveva comunicato alle Autorità e ai Cittadini di tutti i Comuni della Provincia che, con  decreto del 19 dello stesso mese , n°17629, S.E. il Prefetto aveva classificato Ospedale di terza categoria l’Istituto di cura magliese ‘Michela Tamborino’, e invitava tutti a visitare lo stesso nelle ore antimeridiane di domenica, 29 ottobre 1939, primo giorno dell’anno XVIII Era Fascista.
Circa trenta mesi dopo la diffusione della lettera-aperta di Carmine D’Amico, l’idea in essa espressa, d’ intitolare l’Ospedale civile di Galatina all’on. Antonio Vallone (n.1858- m. 1925), fu fatta propria dal Consiglio di Amministrazione dell’E.C.A., costituito da: comm. Angelo Ancora- Podestà Presidente, sig.na Maria Congedo- segretaria del Fascio Femminile, ing. Gaetano Masi, Augusto Carrozzini, Armando Casalini e Luigi Antonaci - rappresentanti delle associazioni sindacali- avv. Michele Stasi, rappresentante delle famiglie numerose. Dalle premesse all’apposita deliberazione consiliare, adottata il 23 luglio1941, si apprende che :
- la somma di lire 136.746,50, raccolta dal “Comitato A. Vallone ”, era già stata devoluta a favore dell’Ospedale,il 6 aprile 1940, “per l’adattamento dei locali e la sistemazione dei relativi servizi”;
- era pervenuta un’offerta di lire 100.000 da Luigi Vallone, figlio del defunto On. Antonio, quasi a conferma dell’attaccamento della Famiglia Vallone alla nobile Istituzione: infatti il fratello dello scomparso, dott. Vito Vallone, per oltre mezzo secolo primario chirurgo, aveva nello stesso tempo gratuitamente tenuto la direzione sanitaria del nosocomio galatinese; come successivamente fecero il nipote dott. Luigi Vallone fino al 1933 e poi il primario chirurgo prof. Donato Vallone.
Quattro anni dopo il comm. Angelo Ancora  nella lettera prot. n°891 del 10 novembre 1943, indirizzata al Prefetto di Lecce, scriveva testualmente:
“ Pregovi autorizzare il sig. Medico Provinciale di Lecce perché proceda all’ispezione di questo Ospedale Civile per ottenere la classifica di Ospedale di terza categoria.
Essendo stati già ultimati i lavori di restauro si rende necessaria tale classifica per la sistemazione dell’Organico e per mantenere viva la centenaria tradizione di questo Ente ospedaliero.
                                                            Il Podestà- Presidente
                                                                 f.to   A. Ancora     ”                              
Egli, però, il successivo 20 novembre, in conseguenza delle note vicende storiche dell’epoca, fu rimosso dalla carica di  presidente dell’E.C.A., che fu attribuita al Commissario Prefettizio del Comune Mosè Cohen. Quindi fu quest’ultimo a ricevere la risposta del Prefetto di Lecce alla soprariportata nota.

Le vicende fin qui esposte costituiscono un caso esemplare  di come da parte di alcuni pubblici amministratori è talvolta mancato il “rispetto che merita Galatina”.

E’ senza dubbio deplorevole la protervia del predetto Podestà fascista e dei suoi collaboratori, che  provocò il declassamento ad infermeria del più antico ospedale della Provincia di Lecce. Ma è ancor più condannabile il comportamento di qualche amministratore che, dopo essere stato democraticamente eletto, per la propria ambizione ( magari non sostenuta da adeguata competenza ) non esita a paralizzare il Governo della Città.
L’ingovernabilità, specie se provocata dalla brama di potere di uno o di pochi, è sempre categoricamente disapprovata dal cittadino elettore. Questi, frustrato nelle proprie aspettative ( perché vede elusi anche i più urgenti problemi del Paese ) e  nauseato dalle ricorrenti incomprensibili contese fra elementi della stessa coalizione politica, è fatalmente portato a non esercitare più i suoi fondamentali diritti politici. 
E per la Città e la Nazione il pericolo è grande!

                                                                    Pietro Congedo